Giuseppe Mazzini
(Genova 1805 – Pisa 1872)
Politico e filosofo, fu una delle personalità più significative del Risorgimento italiano e uno dei padri riconosciuti del cooperativismo italiano.
La sua figura, e la sua relativa influenza, si collocano nel periodo d’origine del movimento operaio, sindacale e cooperativo.
Nel 1860 scrisse il suo testo fondamentale “Dei doveri dell’uomo”.
Vi si legge: “Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano acquistarla. Bisogna richiamarla al principio che la renda legittima, facendo sì che solo il lavoro possa produrla”.
La categoria di associazione divenne infatti fulcro importante del pensiero mazziniano: gli uomini avevano il compito e il dovere di tendere alla fraternità, e l’associazione era mezzo per raggiungere l’armonia sociale, attraverso cui i lavoratori potevano però ritagliarsi sempre maggiori spazi di economia sociale.
Le associazioni erano intese come via verso una società senza conflitti, in cui, a differenza della visione marxista, era concepita la proprietà privata, le differenze sociali e l’alveo della nazione come cornice delle stesse.
Egli scrive: “Moltiplicate le associazioni e riunite in essi i lavoratori dell’industria con i lavoratori della terra, la città con il villaggio. Cercate di incrementare soprattutto le cooperative di consumo e abbiate fede”.
Ancora: “Il lavoro associato, il riparto dei frutti del lavoro (...) in proporzione del lavoro compiuto e del valore di quel lavoro: è questo il futuro sociale. In questo sta il segreto della vostra emancipazione (degli operai italiani). Foste schiavi un tempo, poi servi, poi salariati; sarete fra non molto, purchè lo vogliate, liberi produttori e fratelli nell’associazione (...) Questa trasformazione, emancipandovi dalla schiavitù del salario, avvierebbe a un tempo e migliorerebbe lo stato economico del paese”.
Amico dei grandi cooperatori inglesi, in particolare di Georg Holyoake, Mazzini si dedicò quindi alle prime associazioni operaie in Italia, le “Società Operaie di Mutuo Soccorso”, basate sull’apporto volontaristico e mutualistico dei soci, teso ad un’universale fraternità.
Nel 1842 in Condizioni e avvenire d’Europa Mazzini annota: “Non si tratta di distruggere, di abolire, di trasferire violentemente la ricchezza da una classe all’altra: si tratta d’allargare il cerchio del consumo, d’aumentare per conseguenza i prodotti, di fare più ampia parte del riparto a quei che producono, di schiudere una vasta via al lavoratore, perch’egli possa acquistare ricchezza e proprietà, di far sì che ogni uomo, il quale dia sicurezza di volontà, di capacità, di moralità, trovi capitale e modo di libero lavoro”.
In una lettera del 6 marzo 1862 inviata a Georg Holyoake, Mazzini scrive: “Quanto alla cooperazione, cioè alla creazione di associazioni di lavoratori volontari, che producono servendosi di un capitale loro proprio, e perciò ricavano tutti i frutti della produzione, e pongono il lavoro come base della proprietà, non solo l’ho predicata, prima di tutto il ciarlare socialista francese, fin dal 1832, ma la continuo a predicare anche ora e a lavorare in questo senso praticamente in Italia, molto di più tutti i fondatori di sistemi in Francia. Questo è il mio principio: il capitale per la produzione appartiene indivisibilmente all’Associazione - gli utili vanno distribuiti secondo il lavoro fatto e costituiscono la proprietà individuale di ciascun socio”.
Nel suo importante libro Scritti politici ed economici egli auspica che “il riordinamento del lavoro sotto la forma dell’associazione in sostituzione dell’attuale sistema dei salari sarà, noi crediamo, la base del mondo economico futuro. E tra queste vie, una, che per opera dei buoni delle classi medie potrebbe - in questo periodo di transizione - condurre all’intento, è quella di ammettere i produttori artigiani alla partecipazione degli utili dell’impresa”.
L’eredità morale e politica, il pensiero e gli scritti di Mazzini sono affidati all’Associazione Mazziniana Italiana, nata nel 1943.
www.associazionemazziniana.it
Alcuni suggerimenti di lettura tra la immensa mole di scritti di Mazzini:
• Agli italiani
• Cenni e documenti intorno all’insurrezione lombarda e alla guerra regia del 1848
• D’alcune cause che impedirono finora lo sviluppo della libertà in Italia
• D’una letteratura europea
• Della Giovine Italia
• Doveri dell’uomo
• Filosofia della musica
• Fratelli Bandiera (I)
• Giovine Italia (La)
• La giovine Italia e l’abate Vincenzo Gioberti
• Istruzione generale per gli affratellati nella Giovane Italia
• Prose politiche
• questione italiana e i repubblicani (La)
• Ricordi di Giuseppe Mazzini agli Italiani, con prefazione del medesimo
• Scritti letterari di un Italiano vivente
Riportiamo del suo libro più famoso, Dei doveri dell’uomo (1860) l’incipit, considerato da molti alla stregua di una Bibbia morale:
“Io voglio parlarvi dei vostri doveri. Voglio parlarvi, come il core mi detta, delle cose più sante, che noi conosciamo, di Dio, dell’umanità, della Patria, della Famiglia. Ascoltatemi con amore, com’io vi parlerò con amore. La mia parola è parola di convinzione maturata da lunghi anni di dolori e di osservazioni e di studi. I doveri che io vi indicherò, io cerco e cercherò, finché io viva, adempierli quanto le mie forze concedono. Posso ingannarmi, ma non ingannarvi. Uditemi dunque fraternamente: giudicate liberamente tra voi medesimi, se vi pare che io vi dica la verità: abbandonatemi se vi pare che io predichi errore; ma seguitemi e operate a seconda dei miei insegnamenti, se mi trovate apostolo della verità. L’errore è sventura da compiangersi, ma conoscere la verità e non uniformarvi le azioni, è delitto che cielo e terra condannano. Perché vi parlo io dei vostri doveri prima di parlarvi dei vostri diritti? Perché, in una società dove tutti, volontariamente o involontariamente, vi opprimono, dove l’esercizio di tutti i diritti che appartengono all’uomo vi è costantemente rapito, dove tutte le infelicità sono per voi e ciò che si chiama felicità è per gli uomini dell’altre classi, vi parlo io di sacrificio e non di conquista? di virtù, di miglioramento morale, d’educazione, e non di benessere materiale? È questione che debbo mettere in chiaro, prima di andare innanzi, perché in questo appunto sta la differenza tra la nostra scuola e molt’altre che vanno predicandosi oggi in Europa; poi, perché questa è dimanda che sorge facilmente nell’anima irritata dell’operaio che soffre.”
Per approfondire:
• Luigi Ambrosoli, Giuseppe Mazzini: una vita per l’unità d’Italia, Manduria, Lacaita, 1993.
• Denis Mack Smith, Mazzini, Milano, Rizzoli, 1993.
• Treccani, Mazzini, Giuseppe in "Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia".
• Oscar Spinelli, Mazzini e la cooperazione. Con giudizi di cooperatori stranieri, Nistri Lischi, Pisa, 1956.
• Biagio Santoro, il cooperativismo nel pensiero e nell’azione di Giuseppe Mazzini, 2007, Relazione_il_cooperativismo_G _Mazzini.pdf
Hanno detto di lui:
Alberto Basevi: “E’ uno dei grandi pensatori, l’influenza dei quali non diminuisce, ma aumenta non solo in Italia ma anche all’estero. Giuseppe Mazzini fu amico dei grandi cooperatori inglesi, Holyoake in testa. Tracciò le grandi linee del divenire cooperativo fin dal 1842, e cioè ancor prima dei classici esperimenti di Rochdale, vaticinando l’emancipazione dei lavoratori attraverso il binomio associazione e libertà e mettendoli in guardia contro le tendenze socialiste e comuniste, che avrebbero portato alla irresponsabilità, alla rovina o quanto meno ad una vita da castori e non da uomini”.
Carlo Romussi (1905): “Noi, che abbiamo i capelli bianchi, amiamo Mazzini perché fu il nostro primo educatore; e quante lagrime di tenerezza, di amore, di ira e di speranza non ci fece versare! Sulle sue pagine si palpita ancora e si sogna: è il grande maestro della legge del dovere, che fa innamorare del sacrificio. Si comprende come affascinati dalle parole del grande, i discepoli, spregiatori degli agi e dei piaceri della vita, andassero lieti, nel nome di un'idea, incontro alla morte: si comprendono le congiure intessute fra cento pericoli, gli eroismi nelle carceri, davanti ai patiboli e sui campi aperti di battaglia dei giovani cresciuti alla sua parola, diventati confessori della fede d'Italia”