don Lorenzo Felicetti
(1864-1937)
Nato a Predazzo, fu curato e cooperatore in diversi luoghi del Trentino, tra cui Vigo Darè, San Lugano, Someda di Moena e Predazzo.
Fu letterato, poeta e traduttore dal tedesco.
Venne definito da mons. Dalponte: "un personaggio interessante, letterato enciclopedico, amante della storia della musica, poeta e traduttore dalla lingua tedesca, che conosce alla perfezione ".
Attivo nel movimento cooperativo dell’epoca, partecipò ai congressi del neonato ente federale e fu promotore della Famiglia Cooperativa, del Panificio sociale e della Cassa rurale.
Scrive don Lorenzo: “Già in sul principio della cooperazione nel 1890, quando don Guetti fece scoppiare quella scintilla che doveva accendere sì grande incendio in tutto il Trentino, io pure mi interessai di tale movimento economico sociale, e ne divenni appassionato promotore”.
Grazie all’interessamento di don Lorenzo, il 25 febbraio 1897 nasce la Cassa rurale di Prestiti e Risparmi di Vigo Rendena.
Fu voce della corrente confessionale, sempre attivo nel dibattito in tal senso all’interno del mondo cooperativo trentino: rimarcò infatti la necessaria impronta confessionale che il Banco di S. Vigilio avrebbe dovuto esplicitare.
Come consigliere federale si dichiarò inizialmente contrario alla costituzione di un magazzino centrale delle cooperative, definendolo un progetto utopistico, troppo accentratore e di complessa gestione. Così motiva la sua adesione al nuovo progetto consortile: “Confesso sinceramente che fino avanti poco tempo io ero poco propenso alle compere cumulative, e i miei conoscenti delle Famiglie Cooperative lo sanno; ora invece, dopo l’ultima Sessione del Consiglio Federale in cui il d.r. Lanzerotti vice-pres. parlò a lungo e con vera competenza del Sindacato Agricolo Industriale...dichiaro che ne sono e ne sarò fautore appassionato ed ardente”.
Tuttavia pochi anni dopo fu attivo consigliere del SAIT, del quale divulgò e promosse lo statuto attraverso molteplici conferenze sul territorio provinciale.
L’opera di divulgazione e di istruzione rispetto al modello cooperativo caratterizzò sempre l’agire di Felicetti: nel 1899 assieme a don Regensburger si adoperò per il miglioramento dei corsi per cooperatori e per una migliore pianificazione delle conferenze sul territorio, sempre con l’approccio confessionale che lo contraddistinse.
Queste le sue parole rivolte ai cooperatori rispetto alla questione sociale: “Siate dunque religiosi senza ipocrisia, cattolici senza rispetti umani; seguite le norme sociali economiche date da Leone XIII, il papa degli operai, insegnate dalla scuola cattolico-sociale del mondo cattolico; entrate lealmente nelle file dei cooperatori cattolici, e contribuirete ancor voi al risolvimento della intricata questione sociale”.
Don Felicetti si trasferì a Trento nel 1901, curando l’amministrazione della tipografia diocesana e gestendo la pubblicazione del periodico “Fede e Lavoro”. A inizio secolo scrisse molto, anche sotto gli pseudonimi di Felice Renzotti e “D’Oltre i Monti”, stimolando un sempre maggior impegno nell’impresa cooperativa e ricordando le radici cattoliche di tale approccio.
Al congresso della Federazione dei Consorzi cooperativi del 1902 tenne un rilevante discorso, che ripercorse la breve ma già ricca storia della cooperazione in Trentino, a partire dall’istituzione della prima cooperativa di smercio e consumo per volere di don Lorenzo Guetti a Santa Croce del Bleggio: “la scintilla di una grande fiamma, onde avvampò in pochi anni tutto il Trentino nel campo cooperativo”.
L’idea cooperativa nacque e si sviluppò nei primi anni, tuttavia, secondo Felicetti con “idee ristrette”, “mancanti del soffio della vita”, seppur con buoni intenti. Il discorso di Felicetti sottolineava: “i confessionalisti trentini infusero la vita alla cooperazione, dando alla medesima quell’indirizzo democratico-cristiano o meglio (diciamola fuori la terribile parola!) quello spirito cattolico, che è il solo capace di resistere alle onde avverse che assalgono la cooperazione!”.
Felicetti indicò quindi in Emanuele Lanzerotti il primo e vigoroso oppositore agli attacchi socialisti di fine secolo, citandolo assieme a don Panizza e don Sartori nell’ambito del Congresso di Mori del 1897 in opposizione ai neutralisti.
Dopo aver ricordato il successo della Banca Cattolica, in parallelo al fallimento del Banco di S. Vigilio, il discorso continuava ricordando la morte di don Guetti “in fondo all’anima confessionalista ma per circostanze esterne e l’opportunità del momento militante in campo neutro e nostro avversario, però leale e non bilioso” e rimarcando la propria posizione di “panizzardo”: “Ebbene! Panizzardi fummo, siamo e saremo, non nel senso delle persone ma in quello delle idee, non essendo noi adoratori di persone, per quanto abilissime, ma sostenitori di un principio! Le persone passano, i principii restano. Questo l'ideale a cui consacrammo le nostre giovani forze; questa la meta che ci prefiggemmo: lavorare per il bene del Popolo lavoratore, sia agricolo che operaio, senza dimenticare che non di solo pane vive l'uomo (...). Era però ancora incerto l'avvenire. La spada di Damocle pendeva ancora sul capo a ciascuno dei partiti, confessionalista da una parte, neutro-liberale-socialista dall'altra! Il momento solenne, decisivo, arrivò al tempo del Congresso di Mori 27 aprile 1899. Là si combattè la campale battaglia che decise la sorte della Federazione senza menomare il merito dei cooperatori a base di neutralismo, e tantomeno del benemerito fondatore Don Guetti, ogni persona che giudica con criterio imparziale non potrà a meno di riconoscere, che dopo il congresso di Mori la cooperazione Trentina si alzò con le ali di aquila nello spazio; sentì un'aura novella di vita aleggiare intorno a sé; e si slanciò a volo in campi fino ad allora ignoti”.
Nel primo numero del giornale Fede e Lavoro, uscito nel 1896, il brano che segue rispecchia bene il pensiero di don Felicetti e di molti preti appartenenti alla corrente dei confessionalisti:
“Come cattolici vogliamo ancora che nella lotta per il popolo si tengano nel debito calcolo i bisogni morali che materiali del popolo stesso, in modo che gli uni non riescano a danneggiare gli altri.
In linea morale, quindi, vogliamo che al popolo sia assicurata la sua religione, la scuola confessionale, la costituzione cristiana della famiglia.
In linea materiale, vogliamo che come di diritto venga assicurata al popolo una posizione più agiata che si possa, che non venga abbandonato ad una ingorda speculazione e che in tutti i suoi bisogni sia tutelato efficacemente contro la miseria e la fame, tanto come individuo isolato quanto nei suoi rapporti colla famiglia, e quindi si tolgano i disordini materiali sopra lamentati.
Per ultimo, e lo diciamo francamente, noi vogliamo essere positivi, e quindi non vogliamo cullare il popolo in chimerici sogni, non vogliamo illuderlo con aspirazioni impossibili”.
Nel 1919 è promotore e fondatore della Cassa rurale di Predazzo.
Detto “l’instancabile” continuò sempre l’attività di cooperatore e divulgatore, interrompendola soltanto durante il primo conflitto mondiale.
Alla sua morte, nel 1937, venne ricordato per “l’ardore di infaticabile cooperatore cristiano”.
Per approfondire:
• F. Giacomoni, R. Tommasi, 100 anni di SAIT. Una storia del Trentino. Le radici della cooperazione di consumo trentina: 100 personaggi per 100 anni SAIT, 1999, pp 145-152
• Walter Facchinelli, Storie di cooperazione e credito nel centenario della Cassa rurale di Javrè, Antolini Centro Stampa, 1997, pp. 173-175
• Giuseppe Fusi, Don Lorenzo Felicetti. Uno spadaccino della penna, Trento, Cassa Rurale Alta Val di Fiemme, 2001