don Giovanni Battista Panizza

(1852-1923)
 
 

Giovanni Battista Panizza nacque nel 1852 a Volano, nel Trentino austriaco, da una famiglia contadina. Dotato di carisma ed intelligenza studiò al Seminario Diocesano di Trento e proseguì la sua formazione in teologia a Vienna. Fu nominato sacerdote a 25 anni e iniziò la sua attività anche come cooperatore in vari paesi del Trentino: prima a Piazzola di Rabbi, poi a Volano per due anni e ad Arco per altri due.

Dal 1886 al 1898 fu a Tuenno in Val di Non; un periodo importante dove si confrontò sempre più con la realtà sociale che lo circondava e sperimentò attività di matrice cooperativa. La società del tempo era basata su di un’agricoltura di sussistenza ed i terreni divisi in piccole proprietà: ciò rendeva le famiglie di piccoli proprietari particolarmente soggetti all’andamento dei raccolti; se un’annata fruttava poco o vi erano condizioni meteorologiche avverse la famiglia poteva facilmente cadere in disgrazia. Era inoltre diffusa la pratica del prestito a usura che aggravava il circolo vizioso della miseria: era periodo di povertà diffusa, malnutrizione e conseguentemente si vide l’aumento del fenomeno dell’emigrazione.

Rilevato ciò anche nella realtà di Tuenno, don Panizza si associa all’operato di don Guetti nelle Giudicarie e nello spirito dell’Enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII, e fonda diversi istituti di stampo sociale e cooperativo come un asilo infantile, un oratorio femminile e la scuola di cucito. Nel 1894 nacque su suo impulso la Famiglia cooperativa e l’anno seguente la Cassa Rurale. Trasferitosi a Lizzana a partire dal 1900 si fece promotore di varie iniziative per la Vallagarina (fondazione della Famiglia Cooperativa di Lizzana, della Società degli Agricoltori della Vallagarina nel 1908, presidente del Consorzio Agrario di Lizzana e delle Cantine riunite) Fu dunque un personaggio di rilievo per il movimento cooperativo di tutto il Trentino: prima dirigente federale e poi Presidente del Consorzio (la futura Federazione Trentina della Cooperazione) dopo la morte di don Lorenzo Guetti, vicepresidente del SAIT (Sindacato Agricolo Industriale Trentino) e consigliere della Banca Cattolica Trentina.

La visione di don Panizza era quella di stampo confessionale, impostasi durante il congresso di Mori del 1899 e rafforzata in lui a seguito di un viaggio nel Regno d’Italia, con don Silvio Lorenzoni ed Emanuele Lanzerotti con lo scopo di venire a contatto con l’operato di don Cerutti in Veneto e don Bonsignori nel bresciano. Voleva accostarsi, infatti, a un cooperativismo dichiaratamente ed esclusivamente cattolico. L’approccio confessionale di don Panizza si espresse nell’appoggio alla Banca cattolica trentina, di cui fu consigliere. Durante il Congresso federale che si tenne a Trento il 15 aprile 1902 don Panizza, in qualità di Presidente, espresse con il suo inconfondibile stile comunicativo l’importanza delle qualità etiche del socio cooperatore:

Per quanto riguarda l’ordine morale dobbiamo pur confessare che se fino al momento ci è riuscito di fare molte società cooperative non ci fu dato di fare molti cooperatori. Troppi cioè sono ancora i cooperatori che riguardano nella cooperazione il lato puramente materiale, il lato economico, e non molti, purtroppo, sono coloro che sanno far risaltare e sanno comprendere la bellezza della cooperazione in se stessa, la sua forza, la sua necessità di fronte allo sgretolamento individualistico. Troppi si perdono nella spilorceria e sacrificano il grande e santo ideale della solidarietà cristiana e dell’unione fraterna all’effimero lucro di un qualche centesimo. Troppi sono coloro che nelle loro società non vedono che un mezzo di più sicuro risparmio, e trattano tutti gli affari unicamente dal lato finanziario nè più nè meno di quello che farebbe ogni buon liberale. Troppi sono ancora coloro che giudicano della cooperazione solamente dai vantaggi materiali che essa apporta alla loro borsa e non danno nessunissima importanza al nobilissimo intento che essa si prefigge, che è quello dell’elevazione delle masse lungamente calpestate e tradite per ogni verso dai sistemi liberali. Manca ancora in moltissimi il grande concetto della solidarietà comune e del carattere organico della società, non si vuol intendere che tutti i membri dell’umanità, non già quelli solo di una famiglia, di un paese, ma tutti i membri dell’umanità sono dipendenti l’uno dall’altro e sono obbligati a reciproci servigi, come le membra di un corpo, e quindi ciascuno crede di aver adempiuto benissimo ai propri doveri quando ha fatto l’interesse proprio e si ritiene ottimo cooperatore solo perchè si tiene attaccato alle società delle quali è socio unicamente perché e fino a tanto che gli portano vantaggio materiale. Meschinissima idea!”. Nella relazione generale al XII Congresso federale, tenutosi a Trento nel 1905, don Panizza riassunse così le vicende federali:

Prima che la cooperazione si piantasse nelle nostre contrade, l’individualismo vi regnava sovrano, ed il popolo delle nostre valli, in quanto a movimento sociale economico, era abbandonato a se stesso, e sfruttato da coloro che, compiacendosi del titolo di padri della patria, duci del popolo e salvatori del Trentino, facevano in mezzo a noi il nuvolo sempre e il sereno mai. Ma allorchè la scintilla cooperativa, per merito specialmente di un sacerdote ardente di vero amore del popolo, l’indimenticabile don Lorenzo Guetti, si diffuse in mezzo ai nostri monti, una vita novella, feconda di opere grandi, incominciò ad agitare le masse popolari derelitte, ed un coro unanime di voci di moltitudini, sollevate dall’abbandono e da un indegno servaggio, si levò e disse: il paese siamo noi, noi, che stanchi di sentirci blandire con paroloni altrettanto sonori quanto fatui da tutori mille volte inetti, dobbiamo bastare e bastiamo a noi stessi. Ed ecco sorgere ovunque, fin nei paeselli più remoti, una folta rete di società cooperative, organizzate nei grandi centri della Federazione, della Banca Cattolica e del Sindacato agricolo industriale. Dinanzi a questo spettacolo di una vitalità mai sospettata, i primi sorrisi di disprezzo di certa gente si cambiarono in meraviglia, la meraviglia in isdegno, lo sdegno in paura per finire poi, costretti dall'evidenza delle cose, a riconoscere giusto il nostro diritto di dichiarare altamente che il paese siamo noi”.

Gli anni di don Panizza presidente federale vedono un aumento considerevole delle cooperative aderenti; e i capofamiglia soci sono più di 40.000. L’impegno cooperativo, come per molti altri contemporanei, si intrecciò con quello politico; don Panizza fu infatti tra i fondatori del Partito popolare trentino. Era ormai molto conosciuto tra i contadini della provincia e nel 1907 all’elezione per il collegio della Vallagarina per il Parlamento di Vienna venne eletto con un numero di preferenze quasi plebiscitario. Successivamente fu deputato alla dieta di Innsbruck. Inoltre durante il primo conflitto mondiale accompagnò i parrocchiani di Lizzana sfollati in Moravia e fu membro del comitato centrale di soccorso per i profughi.

Il suo discendente Maurizio Panizza si interroga sulla scarsa notorietà del familiare nella memoria cooperativa trentina:
“Se dunque, a don Guetti va l’indubbio merito di avere iniziato per primo un percorso nuovo in Trentino, seppur gestito per soli tre anni, a don Panizza spetta il riconoscimento per avere realizzato e fatto crescere l'impianto della cooperazione trentina (anche grazie al suo impegno in politica con il Partito Popolare, di cui è il primo Presidente, qualche anno prima di Alcide Degasperi), "impianto" che ha resistito per oltre un secolo, arrivando integro e rafforzato sino ai nostri giorni. In altre parole si potrebbe dire che Guetti ha deposto la prima pietra, mentre Panizza ha costruito la casa e curato la sua impegnativa manutenzione nel primo ventennio. Come mai allora don Guetti viene considerato il “Padre” della cooperazione trentina, mentre don Panizza per la maggior parte delle persone è quasi uno sconosciuto? E’ una domanda del tutto lecita e che può avere più risposte, tutte comunque riconducibili alle origini del movimento: laico o cattolico e, dunque, Guetti o Panizza? Per questi motivi rimane in sospeso una domanda: se dunque è la cooperazione cattolica che ha fatto conoscere alla terra trentina una realtà che ha portato benessere e ricchezza fino ai nostri giorni, non ne è forse don Giovanni Battista Panizza l’artefice principale?

Citazioni:
Non si deve giudicare la cooperazione puramente dai vantaggi materiali, perdendo di vista il suo fine ulteriore: l’elevazione della masse, l’educazione del nostro popolo all’indipendenza, alla dignità di classe e alla libera e autonoma amministrazione dei propri beni.

Non è cooperatore chi non sente in se stesso vivo, potente e fattivo, quello spirito di solidarietà che tutti ci accomuna in una grande famiglia; non è cooperatore colui che si tiene stretto al proprio sodalizio solo in quanto e fino a quando ci trova un tornaconto individuale.

Non va bene prima di tutto perché la Cooperativa non è un negozio a scopo esclusivo di lucro, ma la Cooperativa ha fini superiori a quelli materiali: tende cioè al miglioramento morale dei propri soci, servendosi dei miglioramenti materiali. E col non osservare il riposo festivo credete Voi di migliorare la morale dei Soci?

Tra gli scritti di Panizza:

Giovanni Battista Panizza, Per il buon andamento delle società cooperative. Consigli, Trento, 1903


Per approfondire:
• Maurizio Panizza, Eroe plebeo. Don Giovanni Battista Panizza,Edizioni Stella, Rovereto, 2003

• Renzo Tommasi, Don Giovanni Battista Panizza cooperatore trentino, Provincia Autonoma di Trento, Trento, 2008

• F. Giacomoni, R. Tommasi, 100 anni di SAIT. Una storia del Trentino. Le radici della cooperazione di consumo trentina: 100 personaggi per 100 anni SAIT, 1999, pp 241-244