Socio
Il socio cooperatore, e l’insieme dei suoi bisogni (economici, sociali, culturali), rappresentano il fine ultimo dell’esistenza di una impresa cooperativa.
Il primo principio della Dichiarazione d’Identità cooperativa (1995) afferma il principio della “porta aperta”: tutti coloro che ne fanno richiesta possono aspirare allo status di socio.
Le cooperative non sono tuttavia Arche di Noè, sulle quali ospitare “boves et oves et universa pecora”, per usare un linguaggio caro a Lorenzo Guetti. Il riferimento è al seguente passaggio: “Le casse rurali (e le famiglie cooperative) non sono per tutti, boves et oves et universa pecora, ma solo per chi ha le qualità volute dallo statuto”.
Un altro passaggio estremamente chiaro del pensiero guettiano è il seguente: “Non tutte le pietre son buone per fabbrica; non tutto il legname è buono per fabbrica; non qualunque persona che ci si presenta subito innanzi ha in sé il buon elemento di essere buon socio”.
In cooperativa, la qualità del socio deve far premio sulla quantità.
Per tenere lontane quelle persone mosse unicamente da interessi privati, don Lorenzo Guetti ribadisce che le porte dell’impresa cooperativa sono aperte “non per tutti” ma solo “per quelli che serbano buon nome e di galantuomo e di persona leale e giusta”.
Si afferma così, al principio della libera adesione, quello del “galantomenismo”. Esseri galantuomini, nella concezione del fondatore della cooperazione trentina, presuppone di essere onesti, di operare per il bene comune, senza interessi privati.
“Certo - prosegue don Lorenzo - ci saranno anche qui dei “partiti”, ma alla fin fine deve sempre trionfare il partito dei veri galatuomini, cioè di coloro che lavorano per il bene comune, senza secondi fini”.
Don Giobatta Panizza (1852-1923), successore di don Lorenzo Guetti, sarà presidente della FTC per 21 anni fino al 1919:
Non è cooperatore
chi non sente in se stesso
vivo potente e fattivo
quello spirito di solidarietà che tutti ci accomuna in una grande famiglia
Non è cooperatore
colui che si tiene stretto al proprio sodalizio
solo in quanto e fino a quando ci trova il suo tornaconto individuale
Perché possa resistere e prosperare una cooperativa è necessario che chi si associa si sente parte viva di essa ed abbia sufficiente spirito di solidarietà per saper sacrificarle, occorrendo, qualcosa di suo
Non basta cioè essere socio, occorre diventare cooperatore.
Partecipando in qualità di relatore al convegno “Il socio nella cooperazione del 2000”, tenutosi a Trento nel 1996, Stefano Zamagni nota: “Il socio di oggi è una persona che ha meno bisogni economici rispetto al socio di 100 anni fa, che moriva di fame. La cooperativa deve valorizzare le aspirazioni: dare la possibilità concreta ai soci di capire che essi, in quanto associati tramite l’impresa cooperativa, sono un soggetto attivo di un processo di trasformazione dell’assetto sociale ed economico. Se il socio si sentirà valorizzato, non sarà più uno che esegue, che dà una quota iniziale e che va all’assemblea una volta all’anno”.